L’ho sempre
sostenuto. Il principale limite dei nostri amministratori è il pressapochismo.
Al di là del giudizio – duro, durissimo, impietoso – sulle scelte di “governo”,
ci sono altre enormi criticità che attengono al modo di amministrare –
approssimativo, inconcludente, superficiale – che nulla ha a che fare con la
diversità di visione. Penso alla questione “rifiuti”. Il nostro ordinamento,
sin dall’approvazione del “decreto Ronchi” (siamo nel 1997), impone alle
amministrazioni locali l’obbligo di raggiungere determinati obiettivi di
raccolta differenziata. I nostri amministratori – nei quali la parola
“ambiente” fa immediatamente scattare, come in un riflesso pavloviano,
l’immagine di un’enorme betoniera pronta a cementare inutili prati verdi – si
sono accorti dell’esigenza di avviare una vera raccolta differenziata solo 11
anni dopo (del resto il povero Galli vantava appena una ventina d’anni di
esperienza nelle istituzioni) e, guarda caso, proprio quando è arrivata una
prima vera opposizione. E’ così che, con non poche difficoltà, è partita la
raccolta differenziata porta a porta. Ci sono voluti un paio d’anni per
portarla “a regime” e solo nel 2010 si è estesa a tutto il territorio comunale.
Galli & C. hanno avuto anche l’ardire di magnificare – con comunicati ed
iniziative - la straordinaria innovazione, senza pensare che, in fondo, stavano
solo cercando – ancora senza successo – di adeguarsi ad una legge dello Stato.
Pensiamo solo che, ad oggi, bisognerebbe essere al 65 per cento di raccolta
differenziata.
Quello dei
rifiuti è uno dei temi sui quali alcuni di noi – cittadini, associazioni, forze
politiche locali – si sono sempre impegnati e condividono l’esigenza di avviare
un difficile percorso di ripensamento dei propri stili di vita. Che va ben al
di là del semplice gesto di scegliere in quale contenitore gettare un oggetto.
Ne abbiamo parlato in qualche convegno – disertato, ovviamente, sia da molti
esponenti della maggioranza, sia da molti della presunta opposizione – ma siamo
consapevoli di quanta poca sensibilità ci sia sul tema.
Ma proviamo a
tornare alla situazione labicana. Sono passati due anni dalla copertura
dell’intero territorio con la raccolta porta a porta. La prima domanda che ci
siamo fatti, e che ci stiamo facendo da molti mesi, è: con quali risultati?
Ovviamente, nonostante le nostre domande formali e regolarmente protocollate,
nessuno si è degnato di darci una risposta. Qualcuno – evidentemente più vicino
di noi alla maggioranza – le risposte sembra averle avute (dico “sembra” perché
sembrano dati parziali e insufficienti per avere un quadro chiaro). E qualcuno
parla anche di un sostanziale successo, di un “buon riscontro”. Io non ho la
stessa sensazione. La mia sensazione è di tutt’altro segno. Al momento la
raccolta differenziata sembra fallimentare.
Talmente fallimentare che il Sindaco, dopo un inadeguato “start up” del
sistema, ha deciso di avviare un meccanismo di controlli e sanzioni. Un
meccanismo più che giusto, ma che non può arrivare dopo quattro anni di
sostanziale inerzia dal punto di vista dell’informazione e della
sensibilizzazione. Quattro anni nei quali nemmeno negli uffici comunali si è
mai fatta la raccolta differenziata (come ha dimostrato un nostro servizio del
TG LOV). Quattro anni nei quali i cittadini più incivili hanno potuto,
serenamente e impunemente, buttare i rifiuti ovunque e senza che vi fosse alcun
controllo, salvo poi predisporre onerosi – per la collettività – interventi di
bonifica del territorio (qualcuno anche come spot elettorale). Quattro anni nei
quali non si è affrontata un’efficiente alternativa al costosissimo
conferimento del rifiuto organico, che rappresenta il 30 per cento del totale,
negli impianti autorizzati. Quattro anni nei quali non si è nemmeno minimamente
pensato di lavorare sui principi che l’ordinamento comunitario ha varato per
affrontare la questione rifiuti. Tra questi il primo è la riduzione dei
rifiuti. “Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto”. Per fare questo
sarebbe, ad esempio, sufficiente evitare il ricorso ai beni “usa e getta”. Come
continua ad avvenire, ad esempio, nelle mense scolastiche o al centro anziani. Perché
i nostri amministratori non vogliono ammettere i propri limiti e provano a
guardare al di là del proprio confine comunale, per capire, con la dovuta umiltà,
come vanno le cose nei comuni dove si riescono ad ottenere dei risultati? Magari
prendendo spunti ed esempi? Qualche suggerimento lo potremmo dare anche noi,
che cerchiamo di girarci intorno, informandoci sulle “buone pratiche” che si
stanno diffondendo in tutto il paese.
Non credo che
succederà. Così come dubito che l’ordinanza del sindaco diventi qualcosa di
diverso di un pezzo di carta (virtuale) affisso sull’albo pretorio (virtuale).
E, presumibilmente, saranno virtuali i controlli, virtuali le sanzioni e
virtuali i risultati. Nel frattempo torno a chiedere che i dati della raccolta
differenziata (virtuali anche quelli) siano formulati in modo chiaro (la
regione Lazio ha varato un apposito metodo standardizzato di rilevazione) resi
accessibili a tutti. Del resto la normativa – sia nazionale, sia regionale –
impone ai comuni di trasmettere i dati della raccolta differenziata. Ovviamente
Alfredo Galli, allergico non solo al rispetto dell’ambiente, ma anche al
rispetto delle leggi, si guarda bene dal rendere pubblici i dati. Eppure, se il
risultato è così “positivo”, come qualcuno afferma, come mai i dati non vengono
divulgati ufficialmente? Chi ha interesse a tenerli nascosti nei cassetti?
Attendiamo risposte.
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