Nel linguaggio che viene usato da giornalisti e politici
si trovano frequentemente termini che contengono una connotazione di giudizio sulle
scelte fatte (inciucio, tradimento), soprattutto per quel che riguarda accordi
e alleanze che, da sempre, sono l’essenza dell’organizzazione dei poteri dello
Stato disegnata con l’attuale Carta Costituzionale. E se, almeno in parte, un
sistema elettorale che aveva l’ambizione di essere maggioritario (ma che non lo
era a tutti gli effetti) poteva in qualche modo aver creato dei vincoli
(politici, non giuridici) degli accordi pre-elettorali, un sistema sostanzialmente
proporzionale riporta tutto all’alveo costituzionale, nel quale la formazione
del Governo è frutto degli accordi che si riescono a costruire sulla base dei “numeri”
in Parlamento (che infatti è chiamato ad esprimere la propria fiducia all’esecutivo
al momento del suo insediamento). Certo, le modalità, le forme e i toni della
comunicazione politica durante la campagna elettorale rendono più complesse le
trattative per individuare un progetto di governo, ma tecnicamente ogni maggioranza
è possibile dopo il responso delle urne. Saranno poi gli elettori a giudicare
le scelte dei propri partiti. Il Governo Lega-5 Stelle (la cui gestazione è
stata la più lunga della storia delle Repubblica) è nato proprio con queste
difficoltà iniziali ed è stato frutto di un lungo lavoro di costruzione di un
programma condiviso. Del resto, all’epoca, non c’erano le condizioni per nessun’altra
coalizione, vista l’indisponibilità del secondo partito a formare qualsivoglia
alleanza. Come spesso succede, però questa difficile alleanza è durata poco e l’azionista
di minoranza (forte di un potenziale di consensi doppio dell’anno precedente)
ha legittimamente pensato di “andare all’incasso” e togliere l’appoggio al
Governo. Sin qui tutto bene. La forzatura è quella di pretendere di dettare
tempi e modi della crisi. Perché se il desiderio della Lega è quello di andare
a nuove elezioni, questo non significa che si dovrà fare necessariamente così. Saranno
il Parlamento e il Presidente della Repubblica a stabilirlo. Così come
non si possono dare giudizi sulle scelte degli altri partiti in termini di
accordi e alleanze. Era stato legittimo il patto Lega-5 Stelle, è stato
legittimo rompere quel patto, sarà altrettanto legittimo – una volta azzerato
tutto con l’apertura della crisi – fare qualunque altra scelta, compresa
ovviamente quella di andare a nuove elezioni. Saranno gli attori in campo a
decidere. Si spera nell’interesse del Paese. Si teme per gli interessi di
bottega o, peggio, personali.
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