Malgrado sia passato oltre un mese
dalle primarie, 18 dicembre 2011 – 24 gennaio 2011, il candidato sindaco di
Cambiare e Vivere Labico non ha mai sentito l’esigenza di un confronto con colui
che era stato il suo candidato sindaco prima, il suo capogruppo poi e, infine,
il suo avversario alle primarie. Si è limitato a “tollerare” una prima
assemblea del gruppo (indetta subito dopo le primarie e nella quale ci si è
limitati a scambiarsi gli auguri di Natale, a fare alcuni passaggi di consegne
e a darsi appuntamento per una successiva assemblea da tenersi dopo le vacanze
natalizie) e a convocare la seconda assemblea per la nomina (“imposta”, di
fatto, dal candidato sindaco) del presidente dell’assemblea e la decisione di
costituire alcuni gruppi di lavoro.
Oltre questo nulla, manifestando,
anzi, comportamenti che mal si conciliano con la Carta dei Valori votata
dall’assemblea e dalla prassi consolidata nei cinque anni di consiliatura,
quando le decisioni venivano sempre presi all’insegna della collegialità e della
condivisione. Ora, invece, come si può interpretare questo comportamento? In
modo molto semplice. Abbiamo un candidato sindaco che soffre la debolezza dell’affermazione
di una candidatura conquistata non grazie ad un reale ampio consenso nel proprio
corpo elettorale, ma ad un’abile tessitura di tipo politico. Questa strategia
avrà indubbiamente permesso un’affermazione altrimenti ben più difficile, ma ha
anche creato una “dipendenza” del candidato sindaco dalla sua policromatica
aggregazione, alla quale deve rendere conto di ogni singola scelta. Questa
situazione lo costringe ad arrivare in assemblea con decisioni concordate
preventivamente con i suoi “azionisti” e blindate per evitare ogni tipo di
problema. Anche quando si propone – come è avvenuto nell’ultima riunione – di
introdurre meccanismi di garanzia democratica come l’autoconvocazione
dell’assemblea. E aver deciso di bocciare questa proposta (peraltro ritirata) è
stato un segnale di grande debolezza, oltre che di indifferenza nei confronti
di una carta dei valori elaborata insieme e sottoscritta da tutti, sacrificando
un gruppo consiliare che ha ben lavorato e che ha garantito al nostro paese una
sana e unita opposizione, artefice di un grande lavoro politico che ha
suscitato grandi simpatie tra i labicani, sia per il lavoro svolto che per la
novità che essa incarnava.
La sensazione è che questo cambio
della guida della coalizione possa coincidere con un preoccupante cambiamento e
regressione da molti altri punti di vista: del programma, della democrazia
interna, della trasparenza, della condivisione delle scelte.
In più circostanze il candidato
sindaco ha fatto capire di sentirsi investito – con la vittoria alle primarie -
di un’autorità tale da poter prendere autonomamente molte decisioni, prescindendo
dal pensiero di chi rappresenta la metà dei sostenitori della lista e che ha
svolto una parte consistente del lavoro complessivo del gruppo. Si intuisce
chiaramente che il momento di confronto del candidato sindaco si svolga “prima”
degli incontri plenari, all’interno del suo gruppo di riferimento e che, una
volta raggiunto l’accordo in quella sede, le decisioni non possono essere
oggetto di modifica. L’assemblea sembra si debba limitare a ratificare le
decisioni assunte altrove.
Da un lato si esprime preoccupazione
per la presenza di due “schieramenti” e si afferma di voler ripristinare una
situazione in cui le decisioni si assumono in modo collegiale e con la massima
condivisione possibile, dall’altro si lanciano piccoli quanto inequivocabili segnali
che vanno nella direzione opposta. E’ strano, ad esempio, che si sia deciso di
inserire tra i nomi del gruppo programma quello di un consigliere, ai quali in
assemblea era stata riconosciuta una sorta di partecipazione di diritto. E’
preoccupante che non si sia voluto investire su un concreto rinnovamento delle
persone, presentando sempre le stesse e sempre allo stesso modo. E’ anomalo che
le informazioni sulla composizione dei gruppi non siano arrivate a tutta la
mailing list ed è incomprensibile che il nome della donna scelta da Nello per
il coordinamento politico non sia stato ancora comunicato. Ancora più anomalo
appare il tentativo di svilire il lavoro politico-amministrativo fin qui fatto
dai veri artefici di questo cambiamento: i consiglieri comunali, sacrificati ad
alleanze mai condivise o discusse in precedenza, oggetto di malumori e mugugni
da parte di molti, a partire da una fetta della coalizione stessa.
Molte altre sono le questioni che stanno
creando sfiducia e sconcerto per questo modello di gestione e, in sostanza, abbiamo
il timore che il progetto Cambiare e Vivere Labico stia modificando lentamente la
sua ragione sociale e rischi di diventare una brutta e sbiadita copia del
modello imperante a Labico. Forse in questo modo si pensa che sia possibile
vincere le elezioni, ma certo si rischia di deludere profondamente chi crede
che sia possibile un cambiamento reale e concreto.
Se le premesse sono queste, la strada
che ci si prospetta sarà irta di ostacoli e non si sa dove potrà condurci. Il
progetto di Cambiare e Vivere Labico ha un suo valore se si resta incanalati
nei binari della condivisione e del rispetto, rimanendo fedeli a un modo di
fare politica che non può tornare indietro ma che deve guardare avanti, senza
che nessuno pensi di fare la parte del leone. Ci aspettiamo segnali che vadano
in questa direzione, senza ritrosie o presunte superiorità politiche. Le
primarie hanno sancito un pareggio a cui va data la giusta lettura e non una cattiva
interpretazione.
Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano