Stiamo assistendo ad un
cambiamento davvero epocale. Stiamo legittimando il diritto all’odio. Un odio
preventivo, nei confronti di qualcuno di cui non sappiamo nulla e che però
giudichiamo pregiudizialmente capace di commettere le peggiori nefandezze.
Basta girare un po’ sui social per capire quanto questi sentimenti negativi
siano molto diffusi, colpendo anche in modo schizofrenico persone apparentemente
solidali, sensibili e caritatevoli. Le stesse persone riescono a condividere contemporaneamente
post pieni di preoccupazione per lavoratori licenziati, terremotati, cagnolini
in cerca di adozione, embrioni alla terza settimana, calciatori non convocati e
post intrisi di odio e livore nei confronti di disperati in fuga da qualche dramma.
Il cambiamento a cui stiamo assistendo
è che l’indifferenza, ossia la negazione di umana pietà nei confronti di queste
persone – un po’ ‘sticazzi, mica mi posso fare carico io dei problemi del mondo
– viene man mano sostituita da un sentimento di avversione, livore, odio nei
confronti di questi esseri umani.
Però anche odiare non è cosa
semplice. Perché per odiare io ho due possibili strade: o mi iscrivo a pieno
titolo nel club dei malvagi, quindi il mio odio, la mia avversione sono
coerenti con un’indole maligna, oppure cerco una qualche giustificazione alla
mia ostilità. Ma visto che nessuno vuole vedersi affibbiare l’etichetta di
cattivo, bisogna percorrere un’altra strada. In pratica io continuo ad essere
buono (e infatti mi preoccupo per i cagnolini e i terremotati, guarda quanto
sono bravo) ma ho una giustificazione per i miei sentimenti negativi nei
confronti di altri, che ho bisogno di “classificare” per categoria, razza,
orientamento sessuale, credo religioso e via dicendo, imputando ad ogni
classificazione qualche elemento negativo. Ed è quindi un fantastico
rincorrersi di luoghi comuni: i negri puzzano e stuprano le nostre donne, i
musulmani sono terroristi, i rom rubano e non pagano le tasse, ecc. ecc. Tutti
pronti a postare news, foto e video che confermino i nostri assiomi. Non importano
che siano fasulli o che siano assolutamente fuori contesto. L’importante è che
servano ad alimentare questo flusso incontrollato di pseudonotizie che hanno la
sola finalità di rafforzare i nostri convincimenti. In tutto questo non ci
rendiamo nemmeno conto delle contraddizioni, perché un giorno magari chiediamo
che vengano affondate le navi su cui viaggiano questi disperati e il giorno
successivo diciamo che quelli che sono annegati erano vicino alla Libia quindi
non è colpa nostra (facciamoli morire a casa loro). Perché il problema è
complesso, per carità, e non è facile spiegare a chi non ha assolutamente
intenzione di approfondire l’argomento che stiamo parlando di un continente la
cui aggrovigliata situazione attuale è stata determinata soprattutto dalle scelte
predatorie dei paesi ricchi e civilizzati in cui abbiamo la fortuna di essere
nati e che quindi abbiamo la responsabilità civile e morale di chi continua a
fuggire da guerre e crisi economiche nelle quali continuiamo a giocare un ruolo
fondamentale (a cominciare dal business delle armi e dei combustibili fossili).
Magari dovremmo domandarci cosa possa spingere una persona ad abbandonare
famiglia e affetti per avventurarsi in un viaggio terribile e con prospettive
di tortura o di morte per andare magari a spaccarsi la schiena 12 ore al giorno
in mezzo ai campi di pomodori. Abbiamo bisogno di poter dire che vengono a fare
la bella vita, inventandoci o dando credito a notizie false soltanto per dare
un alibi al nostro livore. Eppure sono loro che continuano a morire in mare, compresi
i bambini - evidentemente portatori anch’essi di qualche colpa - per i quali
riusciamo a non provare alcuna compassione. E per mascherare questo cinismo proviamo
a negare l’evidenza, dicendo che è tutta una messinscena. Allora sarà il caso
di essere un po’ meno ipocriti: la “linea dura” (se si chiama dura una ragione
ci sarà) aggiunge morte e dolore alla morte e al dolore di una situazione già
drammatica. Scegliere quella linea
significa scegliere di far morire delle persone. Siamo liberi di farlo. Siamo
liberi di smettere di essere indifferenti e di diventare definitivamente ed
orgogliosamente stronzi.
P.S. – Il titolo è soltanto un omaggio
al pensiero di Gramsci: in realtà sono quasi incapace di nutrire sentimenti di
odio.