La lunga marcia di Sergio Cofferati
di Luca Telese
Sperling & Kupfer Editori - 14 €
Luca Telese. Giornalista parlamentare, e già uno non sviene dall'entusiasmo. Scrive per il Giornale di Berlusconi e, sarà un pregiudizio, ma viene un legittimo sospetto di partigianeria. Premesse non esaltanti, dunque. E poi scrive la biografia "non autorizzata" di Cofferati. Figuriamoci. E c'è pure la prefazione di Giuliano Ferrara. Già ci si immagina una sorta di libro nero sul cofferatismo sulla falsariga del delirante saggio promosso dal nostro premier in campagna elettorale. Viene quindi voglia di lasciare il libro sullo scaffale della libreria: sbagliando. Sì, sbagliando, ché il brillante e tenace Telese è capace non solo di parlarci del cinese e della sua carriera sindacale e politica in modo gradevole e coinvolgente, ma anche di inserire alcuni frammenti significativi della sua storia personale in uno spaccato che ampollosamente potremmo definire sociale e storico. Ma lui lo fa senza ambizioni e senza pretese (o forse sì, ma sicuramente senza supponenza).
Ed è divertente l'impietoso confronto tra i leader attuali della sinistra e il cinese, figlio di una cultura contadina, nato in un mulino (e per questo incazzato con le distorsioni della realtà del mondo pubblicitario, capace di dipingere i mulini di bianco per farne luoghi poetici e romantici, mentre nella realtà vi si moriva di enfisema polmonare con le ossa devastate dall'artrosi deformante) e privo di "storia" fino a quando non ha fatto alcuni importanti scatti della sua carriera sindacale.
Mentre negli stessi anni i vari Rutelli, Veltroni, D'Alema - figli della borghesia intellettuale progressista - frequentavano le scuole d'élite, già a sedici anni disponevano di un book fotografico pronto per i biografi ed erano inevitabilmente avviati ad una luminosa carriera politica grazie ad un sentiero tracciato e sicuro.
Va sottolineata la descrizione dell'antiretorica del cinese, che a sentire Telese è la sua più straordinari qualità (e lo dice con sincera ammirazione), che rifugge - vivaddio - lo squallido salotto televisivo di Vespa (il topos della politica, secondo tutti, o quasi, i leader del centrosinistra, in questo non molto distanti dal modello berlusconiano) preferendo di gran lunga il contatto diretto delle assemblee e dei dibattiti pubblici.
Insomma, uno vero. Tra l'altro l'unico che sia riuscito a costruire un'immagine senza bisogno di ricorrere al totem della TV. E quando Telese gli fa presente che nessuno si ricorda di lui quando faceva il sindacalista alla Bicocca risponde candidamente: "Perché mai avrebbero dovuto ricordarsi di me? Ero uno qualunque".
Uno qualunque. Uno qualunque capace però di portare in piazza tre milioni di persone. Uno capace di essere il punto di riferimento di un centrosinistra deluso e frustrato, in grado di colmare quel vuoto di credibilità e di rappresentatività di una classe dirigente arroccata in sé stessa ed incapace di dare la risposta alle esigenze del variegato mondo che dovrebbe rappresentare.
E poi c'è ampio spazio dedicato all'aneddotica, dall'iniziativa di Monte San Savino con Rosy Bindi e Jovanotti, alle passioni di Cofferati, da Tex Willer alla lirica alla fantascienza (con il divertente fumetto a quattro mani realizzato con Stefano Disegni) all'incontro shakespeariano con colei che sarebbe diventata sua moglie.
La lunga marcia di Sergio Cofferati è un libro che con la scusa di parlare di Cofferati e della sua vita (ma lo fa in modo discreto e rispettoso della sua sfera personale), del sindacato e della sua storia, riesce a tessere un filo attraverso il mezzo secolo che ha traghettato il nostro paese dal secondo dopoguerra alla seconda repubblica. Cofferati ne esce bene, il centro-sinistra un po' meno, ma non se ne può certo fare una colpa a Telese.
Tullio Berlenghi