22 maggio 2014

Buoi e asini cornuti a spasso sulla Casilina

Qualche settimana fa sui media locali era apparsa una notizia piuttosto sconcertante, ma che, avvezzi come siamo ai rodati meccanismi di una certa politica, non ha suscitato particolari perplessità. In pratica era stata organizzata addirittura una conferenza stampa per fornire le seguenti informazioni:
-         la via Casilina versa da anni in uno stato pietoso e necessità di consistenti interventi di manutenzione;
-         in Regione non se n’era accorto nessuno, ma grazie alle sollecitazioni di alcuni politici locali si sono resi conto della necessità di correre ai ripari;
-         hanno annunciato che quanto prima si provvederà e, all'uopo, sono state stanziate adeguate risorse pubbliche.
A quanto pare non era una simpatica burla, ma la tradizionale iniziativa di campagna elettorale, vista l’imminenza delle elezioni europee.  Evidentemente la locuzione “cambia verso” è solo uno slogan e non si applica al modello classico di ricerca del consenso basato su una sostanziale trasfigurazione del significato della politica e della pubblica amministrazione. Chi governa (o amministra), infatti, non dovrebbe svolgere le sue funzioni per dispensare piaceri o elargire concessioni. Forse (ma la formula dubitativa è d’obbligo) chi ha il compito di gestire una fondamentale arteria di comunicazione come la via Casilina (un’antichissima strada consolare romana, non una stradina di campagna) ha il “dovere” di mantenerne il manto stradale in condizioni adeguate, anche e soprattutto per ragioni di sicurezza. E pensare che sia necessaria la segnalazione perché si intervenga (mi correggo: perché si prometta di intervenire) è davvero sconfortante. Si può immaginare quanta fatica mi costi dare ragione ad Alfredo Galli che, in un successivo comunicato, ha spiegato che, da tempo, il comune segnalava l’esigenza di intervenire, ma, se le cose stanno come le racconta Galli, non basta che arrivi una segnalazione, ma è necessaria una vera e propria “raccomandazione”. Se la regione è guidata dal partito X, la segnalazione deve arrivare dal sindaco del partito X o dal segretario locale del partito X, altrimenti non viene presa in considerazione. Peccato che questa critica suoni un po’ come quella del famoso bue indirizzata all'amico asino. Come fa Galli a lamentarsi di questo modus operandi, visto che del diritto trasformato in favore ha fatto la sua ragione di vita politica? Del resto ricordiamo tutti perfettamente le opere “preelettorali”, comprese le asfaltature delle strade (ah, il contrappasso), prima di ogni elezione comunale, magari attraverso ordinanze sindacali urgenti, il cui unico requisito emergenziale era l’approssimarsi delle urne.
Forse, prima che la distruggano completamente (e qui, a quanto pare, i partiti di riferimento delle due fazioni sembrano essere “in grande sintonia”), bisognerebbe rileggersi alcuni passaggi della Costituzione, dove è scritto a chiare lettere che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore (art. 54) e che i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell'amministrazione (art. 97). E a Labico la parola “imparzialità” così vicina alla parola “amministrazione” suona come una beffa.

4 maggio 2014

Le bacchettate del Viminale

Sono diversi anni che sosteniamo che i conti pubblici labicani non tornano. Ad ogni sessione di bilancio abbiamo provato ad esprimere le nostre perplessità sull’approssimazione con cui vengono gestite le risorse pubbliche, sulle zone d’ombra dei bilanci, sull’incapacità di programmare le spese e sull’aleatorietà delle entrate. A Labico si è puntato tutto su una crescita edilizia, che, secondo le affermazioni degli amministratori, sarebbe dovuta essere il volano dell’economia labicana, ma che è servita solo a ridurre – in qualità e quantità – il livello dei servizi. In qualche modo, anche con qualche tocco di finanza creativa, si è però sempre riusciti a far quadrare i bilanci e a rimanere a galla. Fino a quando non è arrivata la stangata del sequestro dei depuratori, anch’essa figlia della mancanza di capacità di programmazione, che ha mandato in tilt conti e amministrazione. Sarebbe bastato un briciolo di coscienza per ammettere la propria inettitudine e lasciare finalmente la guida di un paese ormai allo sbando. Un commissario, una nuova giunta, un’amministrazione straordinaria, il tesoriere della bocciofila, Pippo, Pluto, nessuno. Qualunque altro soggetto sarebbe stato meglio degli amministratori che ci hanno portato al disastro. Invece no. A ben due anni dalla conclamata e certificata bancarotta labicana, il sindaco Galli - detto Vinavil per l’attaccamento (nel senso fisico-chimico del termine) alla poltrona – e la sua fedele compagine continuano a cercare di mantenere il controllo del timone, utilizzando qualunque strumento a disposizione.
Ed è così che, grazie ad una recente modifica del Testo Unico degli Enti Locali, è stata avviata una procedura denominata “piano di riequilibrio finanziario pluriennale”, altrimenti detta “predissesto”. Abbiamo già avuto modo di commentare la norma e ci limitiamo a dire che una definizione più calzante potrebbe essere “autodissesto”, visto che grazie a questa legge chi è causa dei guai per i cittadini può continuare a gestire i conti pubblici, scaricando proprio sui cittadini il costo della propria incompetenza. Non è certo il massimo, ma è comunque necessario che si predisponga un piano finanziario, che deve rispettare alcuni requisiti per ottenere il nulla osta del ministero dell’interno e della Corte dei Conti.
Quando abbiamo letto il piano redatto dagli uffici comunali, al netto delle perplessità di carattere metodologico, abbiamo rilevato anche diverse criticità nel merito del documento. Lo abbiamo scritto in alcuni articoli e lo abbiamo affermato a chiare lettere nell’iniziativa pubblica che abbiamo organizzato in piazza per spiegare ai cittadini cosa stava succedendo, senza che nessuno degli amministratori si degnasse di dare un’adeguata informazione ai cittadini. Ovviamente la risposta di Galli & C. è stata la solita alzata di spalle, accompagnata da affermazioni del tipo “noi pensiamo a lavorare, voi solo a criticare”.
Peccato che, puntuale, sia arrivata la risposta del Ministero dell’interno riguardante la richiesta di istruttoria. Anche al Ministero, a quanto pare, non hanno troppo rispetto per chi lavora e, avendo tempo da perdere in sterili critiche, hanno stilato numerosi rilievi. Vediamoli insieme:
·         In primo luogo viene confermata la stangata ai danni dei cittadini, con l’aumento delle tasse e dei tributi e con la riduzione dei servizi. In più si spiega che non bisogna fare i furbi con le date: il piano decennale decorre da quando viene approvato il Piano di riequilibrio in consiglio comunale, dal 2014, dunque e non dal 2013. La penitenza per i cittadini labicani terminerà dunque nel 2023.
·        Gli uffici del ministero contestano la disinvolta “autoriduzione” del debito da 5 milioni di euro a circa 3 milioni. In sostanza non è che uno possa affidare allegramente i lavori per determinati importi (con tanto di fatture) e poi decurtarli unilateralmente. La rideterminazione dei prezzi (peraltro tardiva) deve essere consensuale, altrimenti non può essere messa a bilancio.
·    Altri pasticci sono stati rilevati su voci passive del passato e infilate a casaccio nel calderone. La filosofia dei nostri amministratori è molto semplice: visto che dobbiamo ratificare il disastro, tanto vale metterci dentro tutti gli impicci, grandi e piccoli, del passato. Come quando si va dal carrozziere a sistemare l’automobile dopo un incidente e si cerca di sanare anche qualche vecchio graffio alla carrozzeria. Con il dettaglio che la macchina labicana è stata guidata per vent’anni da qualcuno che pensava di essere all’autoscontro.
·        Mancano le quantificazioni di diverse voci di spesa, così come mancano le quantificazioni della svalutazione dei crediti. Diciamo che l’ottimismo ha regnato sovrano durante la redazione del piano di rientro.
·   Qualche perplessità il Viminale l’ha espressa anche per quanto riguarda il personale e vengono espressi dei dubbi sulle modalità di calcolo. Il tutto senza sapere che a Labico si aggirano le norme per l’assunzione del personale attraverso il ricorso a società esterne. Forse bisognerebbe informarli su come stanno realmente le cose.
·         Il Ministero dell’interno dichiara senza mezzi termini “irragionevole” la destinazione delle entrate correnti agli investimenti, spostando il pagamento dei debiti ad esercizi futuri.
·     Anche la dismissione dei beni immobili è senza né capo né coda. Non si sa cosa si venda e quale sia il possibile incasso.
·        Gli aumenti di entrate sembrano basati più sull’ottimismo che su una concreta pianificazione. Forse per non far capire ai cittadini che arriveranno altre stangate?
·        Manca una documentazione che attesti l’effettività dei risparmi di spesa dichiarati. Dove intendono tagliare? A quali servizi dovremo rinunciare?
Al termine di questo corposo elenco di rilievi il Ministero ha invitato la nostra amministrazione ad inviare chiarimenti e correttivi, corredati da un’adeguata documentazione, tra cui accertamenti e riscossioni del servizio idrico integrato degli ultimi tre anni, nonché  il bilancio 2014. Se si pensa che quello del 2013 è stato fatto a novembre, possiamo solo immaginare lo sgomento di Galli e soci all’idea di dover predisporre il bilancio di previsione dopo nemmeno cinque mesi dall’inizio dell’esercizio finanziario. Al Viminale attendono una risposta entro la prossima settimana. Saranno ansiosi, e noi con loro, di vedere cosa saranno capaci di inventarsi i nostri amministratori.


Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura